Attenzione a questi carboidrati: sono loro che fanno schizzare il colesterolo cattivo

Il ruolo dei carboidrati nell’influenzare i livelli di colesterolo LDL (spesso chiamato “colesterolo cattivo”) è da tempo oggetto di approfondite ricerche, soprattutto in relazione al rischio cardiovascolare. Spesso quando si pensa all’aumento del colesterolo nel sangue si punta il dito contro i grassi nella dieta, ma la realtà è molto più articolata: per alcuni individui determinati tipi e quantità di carboidrati possono essere determinanti nel far salire i valori di LDL oltre i limiti consigliati dalle linee guida di prevenzione. Comprendere quali carboidrati rappresentano un rischio e come agiscono sull’organismo è fondamentale per preservare la salute cardiometabolica senza cadere in semplificazioni pericolose.

I meccanismi attraverso cui i carboidrati incidono sul colesterolo LDL

Assumere quantità elevate di carboidrati, in particolare quelli raffinati e ad alto indice glicemico, può portare a un aumento rilevante di colesterolo LDL. Questo avviene attraverso alcune vie metaboliche chiave:

  • Un eccesso di carboidrati viene rapidamente convertito dal fegato in trigliceridi; questi possono essere successivamente rilasciati nel sangue e, attraverso reazioni enzimatiche, contribuire all’aumento delle particelle di LDL. Più alto è il livello dei trigliceridi, maggiore è il potenziale di formazione di LDL, in particolare quelle più piccole e dense, considerate le più aterogene.
  • Le diete molto ricche di carboidrati possono favorire la resistenza all’insulina. Questa condizione, oltre a rappresentare un precursore del diabete di tipo 2, stimola ulteriormente il fegato nella sintesi di colesterolo, innalzando così i valori di LDL.
  • Carboidrati raffinati e zuccheri semplici accentuano i processi infiammatori all’interno dell’organismo. L’infiammazione è strettamente legata alla disfunzione delle pareti dei vasi sanguigni e ad alterazioni negative del metabolismo lipidico, comprese le modifiche qualitative delle particelle LDL.

Questi effetti sono aggravati dalla scarsa presenza di fibre alimentari, che invece hanno la capacità di ridurre i livelli di colesterolo e rallentare l’assorbimento degli zuccheri, stabilizzando così glicemia e secrezione di insulina.

Zuccheri semplici, raffinati e colesterolo cattivo: una correlazione chiara

Un eccessivo consumo di zuccheri – e quindi di carboidrati semplici come saccarosio, fruttosio, glucosio e sciroppi vari – favorisce la comparsa di dislipidemia: livelli alti di colesterolo LDL e di trigliceridi, spesso accompagnati da una riduzione del colesterolo HDL (definito “buono”). Questo accade principalmente perché:

  • L’introduzione rapida di zuccheri semplici stimola una notevole secrezione di insulina, che porta a un’attivazione della via biosintetica del colesterolo. Ciò spinge il fegato a produrne di più, compreso quello LDL.
  • L’eccesso di zuccheri non utilizzati dall’organismo come fonte energetica viene convertito in grassi e accumulato nel tessuto adiposo, concorrendo a livelli elevati di trigliceridi e alterazioni della colesterolemia.
  • Gli zuccheri raffinati tendono ad abbassare il colesterolo HDL, che svolge un ruolo protettivo nella rimozione del colesterolo dalle arterie.

Questo meccanismo di produzione e accumulo di colesterolo è particolarmente evidente nelle popolazioni che seguono diete modernizzate, ricche di prodotti industriali, bibite zuccherate e farine bianche, rispetto a quelle che consumano principalmente alimenti integrali e non processati.

Il ruolo delle diete low carb: rischi e benefici

Negli ultimi anni molte persone, preoccupate dal rischio cardiovascolare, si sono rivolte a diete povere di carboidrati (low carb). Tuttavia, recenti studi interdisciplinari hanno rivelato che il quadro è più complesso di quanto si pensasse. Non tutti reagiscono allo stesso modo a queste diete: nei soggetti con BMI basso o normale (<25 kg/m²) è stato osservato un significativo aumento di colesterolo LDL durante regimi alimentari con meno di 130 g di carboidrati al giorno. Per esempio, il valore medio può salire anche di 41 mg/dL, mettendo dunque a rischio anche persone che appaiono in salute e normopeso.

Un particolare fenotipo recentemente identificato è quello dei lean mass hyper-responders (LMHR). Queste persone mostrano una risposta lipidica estrema alle diete low carb, con valori molto alti di LDL (oltre 200 mg/dL), accompagnati da HDL elevato e trigliceridi molto bassi: una combinazione la cui reale rischiosità cardiovascolare è ancora oggetto di discussione scientifica.

Viceversa, nei soggetti sovrappeso e obesi, la restrizione dei carboidrati sembra non avere lo stesso impatto negativo sul colesterolo LDL: in certi casi può persino farlo scendere, mentre migliora altri parametri metabolici. Tuttavia, il significato clinico dell’aumento isolato di LDL in individui low carb rimane controverso e necessita di ulteriori indagini.

Quali carboidrati evitare per non alzare il colesterolo LDL?

Non tutti i carboidrati esercitano lo stesso effetto sui valori di colesterolo e trigliceridi. È quindi importante identificare quelli più problematici per avere una dieta bilanciata e protettiva:

  • Zuccheri aggiunti: contenuti in dolci, bibite, succhi industriali, cereali da colazione, dessert confezionati e snack. Sono rapidamente assorbiti e generano picchi glicemici che favoriscono l’iperproduzione di LDL.
  • Cereali raffinati: pane e pasta bianchi, riso brillato, prodotti da forno industriali. Oltre a fornire meno fibre, determinano aumenti rapidi della glicemia e della risposta insulinica.
  • Fruttosio industriale: spesso presente come sciroppo di mais ad alto contenuto di fruttosio in tante bibite e prodotti processati, è particolarmente coinvolto nell’attivazione delle vie metaboliche nocive per il fegato e nella produzione di trigliceridi.

Al contrario, i carboidrati complessi integrali, ricchi di fibre e presenti in alimenti poco lavorati come cereali integrali, legumi, verdure e frutta intera, non sono associati a un aumento di colesterolo LDL e, anzi, possono favorirne la riduzione. Le fibre alimentari infatti si legano al colesterolo nell’intestino, promuovendone l’eliminazione attraverso le feci.

In sintesi, la gestione del proprio profilo lipidico richiede attenzione non solo ai grassi assunti nella dieta, ma anche alla qualità e quantità dei carboidrati quotidiani. Una dieta ricca di zuccheri, farine raffinate e prodotti industrializzati è uno dei principali fattori responsabili dell’aumento del colesterolo cattivo, favorendo lo sviluppo di dislipidemia e aumentando il rischio di patologie cardiovascolari.

Modificare le abitudini alimentari scegliendo fonti di carboidrati integrali, veri e non trasformati, limitando gli zuccheri aggiunti, può fare una differenza significativa nella prevenzione e gestione dei disturbi lipidici. Un approccio consapevole e basato sulle evidenze scientifiche rappresenta sempre il pilastro di una buona salute cardio-metabolica.

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